< Italia tra scenari globali e identità civica: la rotta della DC Internazionale e di Biancofiore Donne D.C. >
Il mondo brucia a più temperature: guerre dichiarate e guerre quotidiane, lotte di classe che non osano più chiamarsi così ma presentano il conto su buste paga leggere e carrelli della spesa pesanti, culture sfilacciate dal rumore di fondo.
L’Italia, ponte naturale fra Europa e Mediterraneo, è nel mezzo di questo vortice: non spettatrice, non protagonista per diritto divino, ma paese-chiave se decide di esserlo.
La Democrazia Cristiana Internazionale e il progetto Biancofiore Donne mettono sul tavolo una cosa semplice e scomoda: la politica o torna a essere una pedagogia civica e produttiva, o resta un talk show. Qui si misura il nostro “chi vogliamo diventare” !
La prima faglia è l’educazione. Classi affollate, dispersione scolastica che morde nelle periferie, una formazione tecnica che non dialoga davvero con i distretti produttivi e una università che seleziona più per censo che per merito. Questa non è solo inefficienza: è perdita di libertà. La linea DC è classica e radicale insieme: scuola come ascensore sociale, alternanza formativa che non sia manodopera gratuita, università accessibile e responsabile, educazione civica come spina dorsale. Senza persone formate, la democrazia diventa decorazione.
Poi la salute. Liste d’attesa che trasformano un diritto in una lotteria, Nord e Sud che non parlano la stessa lingua sanitaria, cronicità scaricate sulle famiglie (quasi sempre sulle donne). Biancofiore Donne insiste: sanità territoriale, medicina di prossimità, tutela di minori e fragili, presa in carico reale dei caregiver.
Non è buonismo: è costo evitato domani. In sanità, la matematica della prevenzione è più forte dell’ideologia.
Il terzo fronte è il lavoro. Precariato come orizzonte, salari che non tengono il passo, fuga dei talenti che impoverisce oggi e domani. La cosiddetta “flessibilità” è diventata ansia strutturale. Il social market economy della tradizione cristiano-democratica non ha bisogno di remix: ha bisogno di applicazione. Contrattazione che premi la produttività, formazione continua garantita, impresa che investe e non sfrutta, donne pagate come uomini a parità di ruolo (rivoluzionario solo in un paese rassegnato). Il lavoro non è un bonus: è dignità contrattabile.
Immigrazione: finché resta un capitolo emotivo e non una politica industriale e comunitaria, vinceranno i trafficanti e perderemo tutti. Accoglienza regolata, canali legali, integrazione vera su lingua, casa, lavoro: è così che si spezza la filiera dello sfruttamento e si rafforza la sicurezza. Biancofiore Donne, con la sua rete internazionale e l’esperienza sul campo con profughi e minori non accompagnati, porta un dato pragmatico: l’inclusione costa meno del caos.
Parliamo di sicurezza senza ipocrisie: serve presenza sul territorio, giustizia che funzioni e certezza della pena, ma anche sicurezza sociale — casa, lavoro, servizi — perché la microcriminalità prolifera nel vuoto.
E sì, sicurezza digitale: i furti oggi spesso avvengono sullo smartphone. Non c’è ordine pubblico se lo spazio pubblico (anche quello online) è lasciato all’anarchia degli algoritmi.
Il clima non è una moda. Frane, alluvioni, siccità: l’Italia paga l’inerzia con interessi composti. Qui la scelta è adulta: transizione energetica con equità. Incentivi al risparmio, cantieri di messa in sicurezza idrogeologica, filiere verdi che creino lavoro nel Mezzogiorno e non solo nelle brochure. “Verde” senza ideologia, ma con contabilità in ordine: la bolletta di oggi non può distruggere il benessere di domani.
Resta la politica, la fragilità che moltiplica tutte le altre. Polarizzata, cortissima di respiro, ostaggio di sondaggi e micro-identità.
La DC Internazionale propone la via che l’Italia ha già conosciuto quando ha dato il meglio: sussidiarietà (lo Stato abilita, la società fa), responsabilità fiscale, istituzioni che decidono, corpi intermedi che agiscono, informazione libera e competente. Non serve un uomo della provvidenza: serve una comunità competente. E sì, serve anche un po’ di coraggio: la burocrazia non produce PIL, produce labirinti.
Questo è il punto in cui Biancofiore Donne cambia il frame: non “la donna come tema”, ma la leadership femminile come infrastruttura. Chi ha attraversato guerra, esilio, violenza, sa mettere a terra pace sociale, reti di prossimità, tutela dei minori. Non è retorica, è execution.
Se vuoi risultati diversi, porta al comando competenze diverse.
La “lotta di classe” oggi si gioca su disuguaglianze di accesso: scuola di qualità, sanità rapida, tempo libero, cultura. Il massacro socio-economico e culturale non è spettacolare, è capillare: chiude biblioteche, svuota teatri, desertifica periferie, toglie tempo e voce. L’antidoto è un patto di identità civica: votare informati, partecipare ai processi locali, pretendere trasparenza, difendere diritti e onorare doveri.
Chiamatelo come volete — cittadinanza attiva, comunità, bene comune — ma senza questo collante non regge niente. E no, non basta likeare un post: servono mani e tempo.
Internazionalmente, l’Italia può tornare ad avere una voce credibile se porta al tavolo ciò che il nostro patrimonio storico offre: mediazione, cultura del limite, economia sociale di mercato, diplomazia mediterranea, cooperazione allo sviluppo come stabilizzazione, non come elemosina. La DC Internazionale è l’infrastruttura politica per rimettere in circolo questa competenza, Biancofiore Donne è il suo acceleratore umano.
La domanda finale non è “chi governa domani mattina”, ma “con quale maturità civica affronteremo dopodomani”. Se l’Italia assume questa rotta, smette di galleggiare. Se non lo fa, resteremo a commentare l’ennesima emergenza. La scelta è nostra — e sì, in cabina elettorale, ma anche il giorno dopo, quando si spengono le telecamere e comincia il lavoro serio. In un’epoca di rumore, l’atto più sovversivo è tornare comunità. E farlo adesso.